1.10.09 Il "living will". Un fatto di cronaca che fa riflettere e, quasi certamente, attiverà discussioni ... | | Stampa | |
La notizia è stata pubblicata ieri (30.9.09) su www.telegraph.co.uk. Il titolo è: "Suicide woman allowed to die because doctors feared saving her would be assault" a firma di Rebecca Smith, Aislinn Laing e Kate Devlin. I medici temevano di essere perseguiti legalmente se l'avessero soccorsa e trattata. Essi hanno ritenuto che ella sapesse cosa stava facendo ed era in grado ("... mentally capable ...) di rifiutare il trattamento e di comprendere la rilevanza del rifiuto. E' la prima volta che qualcuno usa il living will* per commettere un suicidio. La volontà di non acconsentire al trattamento medico al fine di salvare la vita/ mantener in vita generalmente viene registrata in casi di malattia terminale. I familiari di Miss Wooltorton hanno criticato l'operato dei medici ritenendo che quest'ultimi sarebbero dovuti intervenire per salvarla. Il caso riaccende la questione del "diritto di/a morire". Aggiungo altri particolari della vicenda desunti dall'articolo. Miss Wooltorton aveva già ingerito più di nove volte il veleno quest'anno e, in ogni occasione, i medici sono intervenuti con esito positivo. La signora ha chiamato l'ambulanza perché non voleva morire "sola" e "lamentando dolori". E' morta il giorno dopo all'ospedale. dott. Luca Massaro
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