Presentazione

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15.8.09 Ogni cultura ha il suo codice per le espressioni del volto

da "www.repubblica.it" del 14.8.09

Uno studio britannico-canadese spiega perché la mimica facciale non rappresenta un linguaggio universale. Asiatici ed europei non si capiscono perché focalizzano aree diverse del volto.

 GLASGOW - La reciproca comprensione delle emozioni, fondamentale nell'interazione tra persone, dipende da una serie di segnali. Il veicolo principale per trasmettere il proprio stato d'animo è il viso, attraverso espressioni facciali. Ma i movimenti dei muscoli del volto non sono gli stessi in tutto il mondo. Uno studio condotto da un team di psicologi composta da ricercatori dell'Università di Glasgow e dell'ateneo canadese di Montreal, ha dimostrato che le espressioni del volto vengono interpretate diversamente da persone nate e cresciute in posti diversi del pianeta. I ricercatori hanno messo a confronto 13 europei con altrettanti asiatici.

Ai 26 volontari sono state fatte vedere le immagini di espressioni di diversi sentimenti. Anche se la mimica è ampiamente considerata la lingua universale delle emozioni, alcune espressioni di stati d'animo negativi sono comprese con più difficoltà dagli asiatici rispetto agli europei. I volontari asiatici confondevano spesso l'espressione spaventata con quella sorpresa e uno sguardo disgustato con un volto impaurito.

Attraverso un macchinario in grado di leggere la direzione dello sguardo nello spazio, gli studiosi sono riusciti a comprendere le difficoltà degli asiatici. Mentre gli occidentali osservano tutto il viso della persona con cui si stanno relazionando, gli orientali tendono a concentrare la vista nella zona degli occhi, causando in tal modo notevole confusione.

Secondo Rachael Jack, del dipartimento di Psicologia dell'Università di Glasgow e coordinatrice della ricerca, "le differenze nell'interpretazione delle facce sono quasi sicuramente culturali e non genetiche".

I risultati della ricerca mettono così in discussione l'universalità delle espressioni facciali prodotte dalle emozioni, evidenziando la loro vera complessità, una vera e propria barriera per la comunicazione inter-culturale e per la globalizzazione.